Le origini della chiesa concordiese
La diocesi prende il nome dalla città di Concordia, di origine romana, fondata probabilmente nel 42 a.C., base di transito sulla via Annia tra Altino e Aquileia.
La diocesi prende il nome dalla città di Concordia, di origine romana, fondata probabilmente nel 42 a.C., base di transito sulla via Annia tra Altino e Aquileia.
Sede tuttora della cattedrale, Concordia ebbe il cristianesimo nel sec. IV, presumibilmente da Aquileia. Da Cromazio, vescovo di quella antica chiesa, venne consacrata la cattedrale con le reliquie dei SS. Apostoli, tra il 388 e il 389 circa: ne fa fede il discorso "in dedicatione ecelesiae" pronunciato dal Presule aquileiese.
In quell'occasione fu ordinato il primo vescovo diocesano, di cui tuttavia si ignora il nome. Come pure non si conoscono i nomi dei successori sino a Chiarissimo nel 579, col quale si apre il catalogo episcopale, che si presenta frammentario sin quasi alla fine del sec. XII.
Il 17 febbraio la diocesi celebra la festa di un gruppo di martiri uccisi a Concordia durante la persecuzione di Diocleziano, dei quali si conservano le reliquie in una apposita cappella della cattedrale (la tradizione e i monumenti sacri ricordano i nomi di Donato, Secondiano, Romolo e compagni). Ma non è possibile stabilire a quale data risalga precisamente il loro culto, che ebbe uno sviluppo considerevole dalla seconda metà del sec. XV.
L’organizzazione ecclesiastica
Nel sec. IV l'evangelizzazione non dovette limitarsi al capoluogo, ma è lecito pensare che si sia estesa anche ai centri più abitati dell'agro concordiese, compreso tra il Tagliamento e il Livenza. Soltanto dopo la costituzione della sede vescovile, le comunità cristiane delle campagne furono raccolte attorno a singole chiese officiate da un certo numero di chierici con a capo un arciprete. Sorsero così le pievi ossia le primitive parrocchie assai vaste, paragonabili territorialmente ai moderni distretti.
Nel sec. IV l'evangelizzazione non dovette limitarsi al capoluogo, ma è lecito pensare che si sia estesa anche ai centri più abitati dell'agro concordiese, compreso tra il Tagliamento e il Livenza. Soltanto dopo la costituzione della sede vescovile, le comunità cristiane delle campagne furono raccolte attorno a singole chiese officiate da un certo numero di chierici con a capo un arciprete. Sorsero così le pievi ossia le primitive parrocchie assai vaste, paragonabili territorialmente ai moderni distretti.
Senza generalizzare troppo, si può ritenere che l'organizzazione ecclesiastica originaria abbia ricalcato quella civile dei pagi romani e preromani.
Purtroppo manca una documentazione relativa all'origine delle singole pievi e quindi il discorso si muove necessariamente in tono incerto e approssimativo, tanto più che pievi furono create anche durante la restaurazione carolingia dei sec. VIII-IX.
Purtroppo manca una documentazione relativa all'origine delle singole pievi e quindi il discorso si muove necessariamente in tono incerto e approssimativo, tanto più che pievi furono create anche durante la restaurazione carolingia dei sec. VIII-IX.
Il primo e certamente assai importante dato storico intorno alle pievi della diocesi si ha nella bolla di Urbano 111 del 1186 (1187?), rilasciata al vescovo Giornata. Il loro numero è di quaranta unità.
Non è ammissibile che tutte queste pievi abbiano avuto una origine anteriore al mille. Osservando l'ambito geografico di ciascuna pieve, si è portati ad affermare che circa la metà delle pievi elencate nella bolla non siano altro che cappelle filiali elevatesi a dignità parrocchiale nei sec. XI e XII per smembramento dalle antiche pievi. Che poi a dette chiese si sia attribuito il titolo di pieve, lo si spiega col fatto che esse stesse erano matrici di qualche cappella.
A partire dal sec. XIII divenne più intensa l'emancipazione delle cappelle succursali, per cui entro il distretto plebano si crearono nuovi centri autonomi di vita religiosa.
Dagli Atti della Visita pastorale compiuta tra il 1582 e il 1584 dal Vescovo di Parenzo, Cesare de Nores in qualità di Visitatore Apostolico, la diocesi risultava divisa in ottantanove parrocchie di media e piccola grandezza, affidate in genere alla cura di singoli sacerdoti.
La traslazione della sede vescovile a Portogruaro
Nei secoli XIV e XV la regione inferiore tra il Tagliamento e il Livenza subiva una profonda trasformazione morfologica per l'azione dei fiumi e del mare. La palude sommergeva la pieve di Grumello e i villaggi costieri di Rivago, Cumirago, Prato e Demortulo, arrestandosi ai margini di Concordia, S. Stino, Lugugnana e Cesarolo.
Nei secoli XIV e XV la regione inferiore tra il Tagliamento e il Livenza subiva una profonda trasformazione morfologica per l'azione dei fiumi e del mare. La palude sommergeva la pieve di Grumello e i villaggi costieri di Rivago, Cumirago, Prato e Demortulo, arrestandosi ai margini di Concordia, S. Stino, Lugugnana e Cesarolo.
Concordia si riduceva ad un modesto centro rurale e non era più la residenza abituale dei vescovi, che preferivano abitare a Portogruaro o in qualche altro castello della diocesi, o anche fuori diocesi, specialmente a Venezia.
Nel 1425 il papa Martino V dispose che la sede fosse trasferita a Portogruaro, ma il suo successore Eugenio IV dovette revocare il decreto, ad istanza del capitolo cattedrale e della comunità di Portogruaro. La traslazione avvenne in seguito alla bolla di Sisto V del 29 marzo 1586.
Nuovo titolo della Diocesi e traslazione della sede a Pordenone
Con decreto n. 845/70 del 12 gennaio 1971 la S. Congregazione per i Vescovi ha stabilito il nuovo titolo della Diocesi: Concordia-Pordenone, e questo in seguito alla promozione della città di Pordenone a capoluogo di provincia.
Con decreto n. 845/70 del 12 gennaio 1971 la S. Congregazione per i Vescovi ha stabilito il nuovo titolo della Diocesi: Concordia-Pordenone, e questo in seguito alla promozione della città di Pordenone a capoluogo di provincia.
Con successivo decreto n. 677/72 del 26 ottobre 1974 la stessa S. Congregazione ha disposto la traslazione della sede vescovile da Portogruaro a Pordenone elevando, in pari tempo, il duomo di San Marco di Pordenone alla dignità di concattedrale.
Visita di Papa Giovanni Paolo II
La nostra Comunità diocesana ha accolto con grande gioia il Santo Padre Giovanni Paolo Il nei giorni 30 aprile - 1 maggio 1992. Dopo un incontro con la città di Pordenone Egli ha visitato l'Istituto "La Nostra Famiglia" di San Vito e quindi ha presieduto una solenne Concelebrazione Eucaristica nel parco della Fiera di Pordenone: trecento sacerdoti vi hanno partecipato con una folla di oltre trentamila fedeli. Prima di lasciare la Diocesi il Papa ha parlato al mondo del lavoro presso le Industrie Zanussi e ha visitato la Cattedrale di Concordia.
La nostra Comunità diocesana ha accolto con grande gioia il Santo Padre Giovanni Paolo Il nei giorni 30 aprile - 1 maggio 1992. Dopo un incontro con la città di Pordenone Egli ha visitato l'Istituto "La Nostra Famiglia" di San Vito e quindi ha presieduto una solenne Concelebrazione Eucaristica nel parco della Fiera di Pordenone: trecento sacerdoti vi hanno partecipato con una folla di oltre trentamila fedeli. Prima di lasciare la Diocesi il Papa ha parlato al mondo del lavoro presso le Industrie Zanussi e ha visitato la Cattedrale di Concordia.
In preparazione alla visita pontificia già da parecchi mesi un apposito comitato aveva predisposto vari sussidi di riflessione, di preghiera e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
È stata la prima visita di un Pontefice alla nostra Diocesi. Precedentemente due Papi, Gregorio XII e Pio VI, transitarono per il nostro territorio per recarsi l'uno al Concilio di Cividale (1409), l'altro a Vienna (1782).
Nell'ambito delle celebrazioni pastorale e culturali per il XVI Centenario della prima Cattedrale, che si sono concluse il 4 giugno 1989 a Concordia, è stato inaugurato e benedetto a Pordenone dal Card. Marco Cé, Patriarca di Venezia, il giorno 8 aprile 1989, il Centro Diocesano di Attività Pastorali, in via Revedole (che in parte è stata intitolata ai Santi Martiri Concordiesi): una grande struttura di 32mila metri cubi, moderna e funzionale, opera dell'arch. Othmar Barth di Bressanone.
Nel corpo centrale della costruzione trovano adeguata sistemazione l'Episcopio, gli Uffici di Curia e di alcune Associazioni cattoliche, nell’ala nord-est il Settimanale diocesano, nell’ala sud-est la Biblioteca, gli Archivi e il Museo diocesano. Al centro sorge la Chiesa dedicata a Maria SS.ma Madre della Chiesa e Regina della pace, dove ora riposano le spoglie mortali di S.E. Mons. Abramo Freschi.
Il Centro Diocesano ospita numerose iniziative, mettendo a disposizione un auditorium dotato di moderni impianti di proiezione (video e dati) ed amplificazione audio.
La chiesa cattedrale della Diocesi, a Concordia Sagittaria, sulle rive del fiume Lemene, è dedicata a Santo Stefano protomartire. La primitiva cattedrale, "basilica apostolorum", fu consacrata nel 389 (?) da S. Cromazio, vescovo di Aquileia. Questa basilica fu distrutta nel 452 da un incendio (invasione degli Unni); un'altra fu subito costruita, che però fu sommera dal "diluvium aquarum" nel 589, del quale scrive Paolo Diacono. Altre ricostruzioni si ebbero nel 1050 e nel 1400. La basilica attuale fu fatta erigere dal Vescovo Antonio III Feletto (1466), mentre l'ampio coro fu costruito dal vescovo D. P. Rossi (1884). Nel 1903-04 (in occasione delle celebrazioni centenarie dei Martiri), il vescovo Francesco Isola promosse e realizzò, essendo allora vicario di Concordia don Celso Costantini, l'ampliamento della basilica (aggiunta di un'arcata), la nuova facciata, che ricorda quella di S. Zaccaria in Venezia, e la costruzione della cappella dei Martiri, con la piccola cripta che raccoglie le reliquie. In questi ultimi anni la cattedrale è stata restaurata radicalmente e portata a vivere una seconda giovinezza. Il Vescovo, nell'ingresso in diocesi, prende possesso del suo mandato in Cattedrale e poi, ogni anno, il 3 agosto (festa di S. Stefano) vi riceve l'omaggio di tutti i parroci della diocesi, come rinnovata promessa di obbedienza e di impegno apostolico.
Una breve visita.
Sopra il portale. il Santo Stefano (scultura del sec. XV); All'interno. l'altare maggiore, di stile barocco (della seconda metà del secolo XVIII); l'altare della Beata Vergine Maria (cinquecentesco), con la statua lignea del Cadorin (1904); il monumento al cardinale Celso Constantini del Guerrisi (1960); il coro ligneo (fine del secolo XIV); l'acquasantiera di marmo greco, addossata alla seconda colonna di sinistra (che attorno al Mille era vasca ornamentale d'una fontanella in qualche giardino della città); l'affresco della Crocifissione, di Pellegrino da S. Daniele (1467-1547); pale e dipinti pregevoli, come l'Annunciazione, del Lazzarini (1665-1730); il S. Lorenzo con altri Santi, del Semolini (sec. XVIII); la Distribuzione dell'acqua, del Padovanino (1588-1648)... Il Battistero. Costruzione di stile bizantino, a croce greca, con base quadrata aperta a trifoglio con tre absidi e con soffitto a cupola. È stata voluta dal vescovo Regimpoto, nel 1089. Restaurato nel 1890. Agli angoli del vano interno si ergono quattro pilastri, che formano altrettanti archi sulle absidi. Il Battistero è stato giudicato "scrigno di bellezza" per gli affreschi che decorano le pareti, le finestre cieche e la cupola: figure di Santi, scene della vita di Gesù... Il Campanile. Imponente, massiccio, di stile romanico, alto circa 28 metri. Innalzato nel 1150. La Canonica. Riattata e rinnovata in questi ultimi anni, esisteva già nel secolo XV. Accanto. Il "piccolo museo" nella cui facciata si scorge un medaglione rotondo, che rappresenta Turranio Rufino: è opera giovanile di Celso Costantini. Il Municipio. Sorge sulla sponda destra del Lemene, non distante dalla cattedrale; e dal fiume vi si può accedere per una scala di pietra. E di stile rinascimentale e risale al 1523. Ha la loggia. Davanti. S'alza il Monumento al Lavoratore delle paludi, opera di Celso Costantini, il quale, da pastore d'anime in Concordia, ben conosceva quanto sudore e quante lacrime le paludi concordiesi spremevano ai suoi parrocchiani.
Aree sepolcrali ed edifici emersi dagli scavi recenti (1950-59-60).
1. La Basilica Apostolorum. È la prima Cattedrale. Parte dei resti si trovano sotto la Cattedrale attuale. È un edificio lungo circa 40 metri, largo oltre i 20, consacrato nel suo nucleo primo attorno al 388. Della Basilica Apostolorum si vedono: parti della pavimentazione musiva, pezzi di colonne, muri, frammenti di sculture e decorazioni in bassorilievo. Sotto l'antico pavimento si trovarono i resti di una casa romana, forse un luogo di raccolta dei primi cristiani. Di fianco, si trova uno spazio aperto e lastricato, con parecchi sarcofagi e tombe terragne; prima dell'entrata c'era il catecumenio. La Basi-lica aveva l'altare, la cattedra del vescovo ed il pulpito. 2. Due aree sepolcrali: a) il recinto di sinistra, della prima metà del secolo IV, a giudicare dalle strutture murarie di mattoni. Sul fondo ci so no tre celle quadrangolari con nicchie; un'altra cella oblunga si trova al fianco ovest. L'area retrostante serviva per la sepoltura dei pagani. b) il recinto di destra, della seconda metà del secolo IV, sempre a giudicare dalle strut-ture murarie. E congiunto a quello di sinistra con una camera intermedia. Dalla parete di fondo si trassero tre celle con nicchie: nella centrale è emerso il sarcofago di Faustiniana. Il pavimento era di piastrelle marmoree. L'area serviva per la sepoltura dei cristiani. 3. La trichora. Sta davanti al recinto di destra e, per la sua forma e costruzione si chiama Cappella "trichora". È stata voluta nella seconda metà del secolo IV come "Martyrion", per Conservare cioè le reliquie dei Martiri, in attesa che si costruisse la Basilica Apostolorum? O come "cella funeraria"? La trichora con l'aggiunta di due pareti ed un colonnato, è diventata, nel secolo V una seconda basilica a tre navate. Ad assicurarci dell'esistenza del Martyrion (incorporato Poi dalla nuova Basilica) c'è un'iscrizione che si trova davanti all'abside, che dice: "Il sacerdote Maurenzio ha qui sepoltura, davanti alla Basilica.
Area sepolcrale emersa dai primi scavi (1873).
Il Sepolcreto. È stato ritrovato a circa 3 metri di profondità dal piano attuale della campagna. Il suo ritrovamento si dimstrò particolarmente importante, ma non è stato possibile conservare in loco i circa 200 sarcofagi che lo componevano, diversi dei quali con fronte ricoperta da tavola ansata con iscrizione.
Qualche sarcofago fortunatamente fu posto davanti alla Cattedrale, qualche altro e le tavole con iscrizioni nel Museo Nazionale di Concordia in Portogruaro, appositamente costruito per raccogliere i reperti archeologici della zona; e ciò che era rimasto è stato nuovamente ricoperto dalla terra.Si può vedere l'area in cui si trova il Sepolcreto all'interno di via Aquileia nei pressi di via Marcantonio.
Il Sepolcreto. È stato ritrovato a circa 3 metri di profondità dal piano attuale della campagna. Il suo ritrovamento si dimstrò particolarmente importante, ma non è stato possibile conservare in loco i circa 200 sarcofagi che lo componevano, diversi dei quali con fronte ricoperta da tavola ansata con iscrizione.
Qualche sarcofago fortunatamente fu posto davanti alla Cattedrale, qualche altro e le tavole con iscrizioni nel Museo Nazionale di Concordia in Portogruaro, appositamente costruito per raccogliere i reperti archeologici della zona; e ciò che era rimasto è stato nuovamente ricoperto dalla terra.Si può vedere l'area in cui si trova il Sepolcreto all'interno di via Aquileia nei pressi di via Marcantonio.
Il duomo di San Marco in Pordenone fu elevato alla dignità di concattedrale con Decreto della S. Congregazione dei Vescovi in data 26 ottobre 1974, con il trasferimento della sede vescovile da Portogruaro a Pordenone.
Già prima del mille esisteva una cappella, ampliata nel 1363, che arrivava fino alla crociera: era in stile romanico goticizzante e ornata di pregevoli affreschi: il campanile - uno dei più belli d'Italia - venne portato fino alla cella campanaria il 15 marzo 1347; con la successiva aggiunta della cuspide, su base ottagonale, misura m. 79,47 di altezza; il coro venne costruito nel 1459, la consacrazione dei tempio avvenne il 2 ottobre 1468, ma fu successivamente ampliato nel 1591 e poi ancora nel 1718: durante questi lavori esso cambiò radicalmente aspetto, assumendo linee neoclassiche, "come avvenne purtroppo di quasi tutte le belle chiese antiche dei nostro Friuli" (Degani). Il duomo dopo questi ampliamenti che lo avevano pressoché rinnovato, fu riconsacrato il 7 settembre 1812 dal vescovo Giuseppe Maria Bressa, che gli attribuì il titolo di arcipretale.
Cinque altari di S. Marco provengono dalla chiesa del Rosario (disgraziatamente demolita nel 1812), compreso l’altar maggiore dalla mensa in su; la mensa in marmi policromi, con le figure in rilievo dei santi Marco e Giorgio, titolari delle due sole parrocchie allora esistenti in città, reca la data del 25 marzo 1695. Sopra l’altare, quindi staccata dalla parete dell’abside, veniva collocata la grande pala di S. Marco, opera del Pordenone.
Il grande finestrone di fondo venne otturato quando sulla parete si collocò la tela, per far posto all’elegante ciborio proveniente dalla chiesa del Rosario, come i due angeli adoranti, opera di Giuseppe e Bernardo Torretti (1694-1774). I restauri eseguiti nel 1938 e nel 1960 e quelli soprattutto degli anni 1971-77 hanno messo in luce elementi pittorici e architettonici che hanno indotto gli studiosi a modificare certe loro convinzioni sulle vicende di questo tempio.
Tra le opere d’arte di cui si imprezio- sisce il duomo concattedrale di Pordenone ricordiamo il portale (1511), il battistero (1506) e l’acquasantiera (1508) del Pilacorte; la tela della "Madonna della Misericordia", una delle più belle opere del Sacchiense; la pala della "Fuga in Egitto" dell’Amalteo nella cappella Mantica (gli affreschi sono del Calderari, il Crocefisso è attribuito al Pilacorte); l’affresco rappresentante la "Risurrezione di Cristo" del Pordenone ventiduenne (in sacrestia); la pala cinquecentesca di S. Francesco e quella di S. Biagio dei Fogolino (1523); la pala di S. Agostino e S. Caterina dei veneziano Pietro della Vecchia; le portelle del Battistero (ora al Museo Civico) del Pordenone, ed altre ancora.
Il "tesoro di S. Marco" è costituito da sedici reliquiari di epoca e stile diversi. Non esistono più i sette antichi antifonari, venduti dal comune nel 1878, né i dipinti opera dell’udinese Pietro Venier (1673-1737) andati distrutti nel 1882.
Nel corso degli ultimi restauri, è venuta alla luce, sotto l’intonaco dietro l’altar maggiore, la parte di un affresco, con un’iscrizione del 1412, la più antica sinora apparsa nel duomo.
Sec. VI
1. - 579 Chiarissimo
2. - 591 Augusto
Sec. VII
2. - 591 Augusto
Sec. VII
3. - 604 Giovanni
Per due secoli non si conosce il nome dei vescovi, che si sono succeduti nella sede di Concordia.
Sec. IX
Per due secoli non si conosce il nome dei vescovi, che si sono succeduti nella sede di Concordia.
Sec. IX
4. - 802 Pietro I
5. - 827 Anselmo
6. - 844 Tomicario
Sec. X
5. - 827 Anselmo
6. - 844 Tomicario
Sec. X
7. - 901 Adelmano
8. - 963-984 Alberico
9. - 996 Benno o Benone
Sec. XI
8. - 963-984 Alberico
9. - 996 Benno o Benone
Sec. XI
10. - 1015 Majo
11. - 1031 Roadberto
12. - 1063 Diotwino
13. - 1089 Regimpoto
Sec. XII
11. - 1031 Roadberto
12. - 1063 Diotwino
13. - 1089 Regimpoto
Sec. XII
14. - 1106 Riwino
15. - 1119 Otto I
16. - 1136 Artmanno
17. - 1139 Gervico
18. - 1163 Conone
19. - 1178 Gerardo
20. - 1180 Gionata
21. - 1188 Romolo
Sec. XIII
15. - 1119 Otto I
16. - 1136 Artmanno
17. - 1139 Gervico
18. - 1163 Conone
19. - 1178 Gerardo
20. - 1180 Gionata
21. - 1188 Romolo
Sec. XIII
22. - 1203 Volderico
23. - 1214 Oddo
24. - 1216 Almerico
25. - 1221 Federico dei conti di Prata
26. - 1251 Guglielmo da Cividale
27. - 1251 Guarnerio
28. - 1252 Tiso
29. - 1257 Alberto da Collice
30. - 1269 Fulcherio di Zuccola
31. - 1293 Giacomo d’Ottonello
Sec. XIV
23. - 1214 Oddo
24. - 1216 Almerico
25. - 1221 Federico dei conti di Prata
26. - 1251 Guglielmo da Cividale
27. - 1251 Guarnerio
28. - 1252 Tiso
29. - 1257 Alberto da Collice
30. - 1269 Fulcherio di Zuccola
31. - 1293 Giacomo d’Ottonello
Sec. XIV
32. - 1317 Artico
33. - 1331 Guido I
34. - 1333 Umberto da Cesena
35. - 1334 Guido II de Guisis
36. - 1340 Hainzutto di Ragogna
37. - 1347 Costantino di Savorgnano
38. - 1348 Pietro II da Clausello
39. - 1361 Guido III de Barzis
40. - 1380 Ambrogio da Parma
41. - 1389 Agostino
42. - 1392 Antonio I Panciera da Port.
Sec. XV
33. - 1331 Guido I
34. - 1333 Umberto da Cesena
35. - 1334 Guido II de Guisis
36. - 1340 Hainzutto di Ragogna
37. - 1347 Costantino di Savorgnano
38. - 1348 Pietro II da Clausello
39. - 1361 Guido III de Barzis
40. - 1380 Ambrogio da Parma
41. - 1389 Agostino
42. - 1392 Antonio I Panciera da Port.
Sec. XV
43. - 1402 Antonio II da Ponte
44. - 1409 Enrico dei Signori di Strassoldo
45. - 1433 Daniele Scotto
46. - 1443 Battista Legname
47. - 1455 Antonio III Feletto
48. - 1488 Leonello Chiericato
Sec. XVI
44. - 1409 Enrico dei Signori di Strassoldo
45. - 1433 Daniele Scotto
46. - 1443 Battista Legname
47. - 1455 Antonio III Feletto
48. - 1488 Leonello Chiericato
Sec. XVI
49. - 1506 Francesco Argentino I
50. - 1511 Giovanni Argentino II
51. - 1533 Marino Grimani
52. - 1545 Pietro III Querini
53. - 1585 Marino Querini
54. - 1585 Matteo I Sanudo
Sec. XVII
50. - 1511 Giovanni Argentino II
51. - 1533 Marino Grimani
52. - 1545 Pietro III Querini
53. - 1585 Marino Querini
54. - 1585 Matteo I Sanudo
Sec. XVII
55. - 1616 Matteo II Sanudo
56. - 1642 Benedetto Cappello
57. - 1667 Bartolomeo Gradenigo
58. - 1668 Agostino II Premoli
59. - 1693 Paolo Valaresso
Sec. XVIII
56. - 1642 Benedetto Cappello
57. - 1667 Bartolomeo Gradenigo
58. - 1668 Agostino II Premoli
59. - 1693 Paolo Valaresso
Sec. XVIII
60. - 1724 Jacopo Maria Erizzo
61. - 1762 Alvise Maria Gabrieli
62. - 1779 Giuseppe Maria Bressa
Sec. XIX
61. - 1762 Alvise Maria Gabrieli
62. - 1779 Giuseppe Maria Bressa
Sec. XIX
63. - 1820 Pietro IV Carlo Ciani
64. - 1827 Carlo Fontanini
65. - 1850 Angelo Fusinato
66. - 1856 Andrea Casasola
67. - 1866 Nicolò dei conti Frangipane
68. - 1872 Pietro V Cappellari
69. - 1881 Domenico Pio Rossi
70. - 1893 Pietro VI Zamburlini
71. - 1898 Francesco Isola
Sec. XX
64. - 1827 Carlo Fontanini
65. - 1850 Angelo Fusinato
66. - 1856 Andrea Casasola
67. - 1866 Nicolò dei conti Frangipane
68. - 1872 Pietro V Cappellari
69. - 1881 Domenico Pio Rossi
70. - 1893 Pietro VI Zamburlini
71. - 1898 Francesco Isola
Sec. XX
72. - 1919 Luigi Paulini
73. - 1944 Vittorio D’Alessi
74. - 1949 Vittorio De Zanche
75. - 1977 Abramo Freschi
76. - 1989 Sennen Corrà
77. - 2000 Ovidio Poletto
73. - 1944 Vittorio D’Alessi
74. - 1949 Vittorio De Zanche
75. - 1977 Abramo Freschi
76. - 1989 Sennen Corrà
77. - 2000 Ovidio Poletto