Sabato 24 agosto, solennità del nostro patrono San Bartolomeo, alle ore 18.00, il vescovo Giuseppe Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone, ha presieduto la S. Messa durante la quale è stato dedicato il nuovo altare, con lui hanno celebrato anche tutti i preti originari di Corva – don Aldo Moras, don Ugo Samaritani, don Loris Vignandel e don Davide Brusadin - e i preti che sono stati parroci.

Tutta la comunità di Corva si è riunita in un momento unico, durante il quale è stato consacrato l’altare che è segno di Cristo che convoca a mensa i figli di Dio.

 

Estratto dal saluto a inizio celebrazione di don Maurizio Girolami - 24 Agosto 2024

Un benvenuto a tutti, al vescovo Giuseppe, in modo particolare, ai confratelli presenti, alle famiglie e a tutti i fedeli di questa bella nostra comunità che oggi si ritrova per vivere un momento molto significativo del proprio cammino.

Un grazie anche ai marmisti F.lli Bertoja e alla mosaicista Cristina Cancian che hanno confezionato per noi rispettivamente l’altare nuovo che oggi dedichiamo e i due mosaici che lo abbelliscono.

Mons. Padovese nel libretto firmato anche da don Ettore Aprilis, datato il 27 agosto 1989, scriveva a completamento del mosaico dell’abside da parte di Renato Gregorini:

“l’artista è riuscito a conferire al suo grande “giudizio” una luminosità, una preziosità davvero fascinose, decidendo una vera e propria trasformazione dell’atmosfera generale della Chiesa, che in tutta la sua aula, vasta e alta, riceve calore e profondità. … c’è ora un rivolgersi al Signore, sorgente e pienezza di luce che il pur bell’altare maggiore da solo non sarebbe riuscito a provocare. A proposito di altare, tuttavia, sorge ora una difficoltà che potrebbe anche spingare a soluzioni di ulteriore abbellimento e approfondimento del senso della parrocchiale di Corva… la parte bassa del mosaico (che, non è certo la più insignificante e marginale), viene totalmente coperta dall’altare maggiore. Opera di per sé elegante, tuttavia non più necessaria come poteva essere per la liturgia degli anni in cui costruito”.

Il mosaico esprime la centralità nel mistero di Cristo crocifisso e risorto, ed è quindi rappresentazione visibile di ogni azione liturgica ecclesiale. Del mistero di Cristo fanno parte i cristiani e tutte le persone che si accostano a lui con cuore sincero.

Perciò, con il vecchio altare l’assemblea celebrante veniva privata della parte più importante per lei della visione del mosaico che è quella dei beati e dei dannati, che ricordano l’importanza dell’impegno per Cristo in ogni momento della nostra vita.

Per questo, l’altare maggiore non più adatto ai dettami del Concilio Vaticano II, in sintonia con la Sovraintendenza e gli uffici diocesani competenti, è stato smantellato per adempiere a quanto la Chiesa ci chiede, perché le celebrazioni, anche nei segni architettonici e artistici, possano esprimere al meglio il mistero pasquale celebrato.

Liberato il presbiterio e l’abside, ora il mosaico può abbracciare lo sguardo del fedele e comunicare il mistero cristiano nella sua totalità: di Cristo morto e risorto, giudice dei vivi e dei morti, e, con lui, il mistero dei cristiani chiamati a conversione, ammoniti sulla tristezza e sulla banalità del male che è sempre senza volto, invitati ad essere beati, cioè colorati, vivaci, pronti a vivere il dono del vangelo, che è vita e gioia per il mondo e a vivere il dono di sé per seguire Gesù.

La scelta dell’altare, di pietra, fisso, unico diventa il centro architettonico e liturgico dell’assemblea celebrante. Il modello è ispirato alla Chiesa della Dormizione di Gerusalemme, sul Santo monte Sion, luogo della primitiva comunità cristiana: infatti lì è il luogo dell’Ultima Cena, della Lavanda dei piedi, della Pentecoste, delle apparizioni del Risorto, della presenza della Vergine Maria dove si è addormentata.

Le reliquie, provenienti dall’altare maggiore e ora poste dentro questo nuovo altare, sono quelle di S. Bartolomeo, di S. Tommaso e di S. Lucia. Queste due ultimi certificate dall’Ufficio Reliquie del Vicariato di Roma (numero di inventario 91).

Il legame con la chiesa madre di Gerusalemme è reso ancora più forte con questa scoperta, perché Tommaso è l’apostolo che, proprio nel cenacolo, grazie alla sua incredulità, ci ha meritato, la beatitudine di coloro che crederanno senza avere visto. È motivo di grande commozione, di umile fierezza e di responsabilità custodire e celebrare il mistero di Cristo con le reliquie di ben due dei Dodici apostoli e di una delle vergini e martiri più venerate della Chiesa antica.

Possa la comunità di Corva, appassionata del vangelo, rendere onore a questi segni della misericordia di Dio con un impegno entuasiasta come lo era Bartolomeo; un impegno che non conosce lamentele e stanchezze; un impegno paziente e fedele alla missione apostolica per annunciare il vangelo, il perdono dei peccati, vivere la riconciliazione e favorire il dono della pace.

La nostra Chiesa, sempre più bella anche grazie a questo altare e ai suoi mosaici, resta solo un semplice balbettio della larghezza, dell’altezza, della lunghezza e della profondità del mistero di Cristo, come dice il mosaico viene incontro a noi, anche attraverso la gioia dell’arte.

Al vescovo Giuseppe, alla fine del mio mandato qui a Corva, dico grazie davanti a tutti voi per avermi inviato qui, 11 anni fa, a servire come pastore. La nostra preghiera oggi apra i cuori ad un’intelligenza più profonda della bellezza del vangelo che inserisce la nostra vita in Cristo.

La liturgia prevede l’aspersione con l’acqua santa, a memoria del battesimo, inizio della vita in Cristo, la liturgia della Parola e poi la liturgia di dedicazione che si compone delle litanie dei santi, la preghiera di dedicazione, l’unzione e l’incensazione dell’altare. Segue poi la liturgia eucaristica. Partecipiamo con fede attenta, anche seguendo il libretto, a questo incontro con Gesù che, anche con questi segni, viene incontro a noi.

Il Pesce. Gli antichi cristiani usavano come segno di riconoscimento dipingere un pesce: la parola greca ‘pesce’ (I-CH-TH-Y-S), infatti, è acronimo di una delle più antiche professioni di fede: I = Iesus, Gesù; CH = Cristo; TH = di Dio; Y = figlio; S = Salvatore. Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore.

Pesci sono anche i cristiani (Girolamo, Omelia ai neofiti sul Salmo 41), perché attraverso gli apostoli – pescatori di uomini – vengono chiamati a seguire Gesù, fonte di vita e di pace. Essere ‘pescati’ da Gesù significa essere salvati: per questo Cristo è rappresentato da un amo, che non fa male e non ferisce, al quale abboccano i pesci; egli però è anche un’ancora, solida e sicura, capace di rendere solido chiunque crede in lui. La sommità dell’amo ha un piccolo ricciolo che rappresenta la lettera greca ‘R’, seconda lettera di CRISTO (la C [chi] iniziale è la croce girata di 45 gradi), come si trova anche nel monogramma di Aquileia e Concordia.

Nei vangeli il primo a riconoscere Gesù presente nel mondo è Giovanni Battista che dichiara: «Ecco l’Agnello di Dio che togli i peccati del mondo» (Giovanni 1,36). Tale immagine è ripresa anche nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse (Apocalisse 5 e 14), dove è dipinto in piedi, pronto a camminare (la zampa alzata), ma con la testa rivolta indietro per chiamare i suoi seguaci a seguirlo, cioè a imitarlo, nel dono di sé. Guardando all’Agnello, si è invitati a professare la nostra fede in Gesù che toglie i peccati e anche a contemplarlo nella sua dimensione ultima (escatologica), di colui che invita tutte le genti al banchetto. Prima di andare alla comunione, vengono ripetute le parole sia di Giovanni Battista che dell’Apocalisse:

«Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo» (Giovanni 1,36), «beati gli invitati alla cena dell’Agnello» (Apocalisse 19,9).

Dall’Agnello scaturisce il giardino – la nuova creazione – rappresentato dagli alberelli che lo circondano e dai quattro fiumi che irrigano tutta la terra (Genesi 2,4-14): dove c’è acqua c’è vita. L’Agnello porta il segno della croce gemmata (come la croce luminosa del mosaico dell’abside) che rappresenta la trasformazione del dolore in gioia: questa è la forza dell’amore di cui sono capaci Gesù e il cristiano inserito in Lui.

Le scritte: IC = Iesus, cioè Gesù; XC = Christos, cioè Cristo; NIKA = dal verbo greco nikao, che significa vincere: Gesù Cristo ha vinto e non può più perdere (Gv 16,33). Egli ha vinto la morte, la paura, il peccato, la tristezza, la vanità della vita, la stupidità e banalità del male. Lui è il vincitore, perché ha portato vita nella morte, facendo trionfare l’opera di Dio – la vita – in tutte le cose. Tutto è circondato dalla corona dorata che ricorda la preziosità della vita donata e la durevolezza dell’amore. Come l’oro, l’amore non marcisce e non si consuma.